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Case green

Cosa prevede la direttiva europea

Arriva dal Parlamento europeo il via libera alla direttiva Ue sulle “case green”: il provvedimento avanzato dalla Commissione europea per migliorare le performance energetiche degli edifici inserito nel pacchetto di riforme Fit for 55. Il testo della direttiva Energy performance of building directive (Epbd) – nato con la mission di riqualificare il parco immobiliare dell’Ue e migliorarne l’efficienza energetica - potrà subire modifiche rispetto a quelle già registrate prima di diventare definitivo.  L’obiettivo del provvedimento è di agire in modo prioritario sul 15% degli edifici più energivori per ogni stato membro, collocati nella classe energetica G (la più bassa). In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat). Con il provvedimento casa green l’Unione Europea intende ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990 e raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Come? Il testo prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2028, mentre quelli esistenti dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e D entro il 2033. Per il riscaldamento si prevede il divieto di utilizzo di combustibili fossili entro il 2035 e l’abolizione di sussidi per l’installazione di boiler a combustibili fossili entro il 2024. “Gli edifici sono il settore più energivoro in Europa. Consumano il 40% dell’energia e generano il 36% delle emissioni di gas ad effetto serra” afferma Kadri Simson, Commissaria per l’Energia dell’Ue. “Inoltre, gli immobili meno efficienti consumano dieci volte più energia di quelli nuovi o ben ristrutturati”: di questi consumi si dovrà tenere conto nelle scelte di pianificazione e investimento. Per ridurre i consumi sono previsti interventi come la realizzazione di pannelli solari, nuove caldaie, sostituzione infissi e posizionamento del cappotto termico. Da questa tipologia di accorgimenti sono esclusi i palazzi storici, le case vacanza, gli edifici di culto. Nello specifico, i possibili immobili esclusi dalla direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifici apparterrebbero a diverse categorie:

edifici e monumenti sottoposti a tutela (immobili storici o dal particolare valore architettonico);

 edifici collocati in zone vincolate e protette;

 edifici residenziali usati meno di quattro mesi all’anno o per un periodo limitato dell’anno o con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe dall’utilizzo durante tutto l’anno (ossia le seconde case);

edifici di culto;

 strutture considerate temporanee (uffici di cantiere e stabilimenti balneari).

 Sono previste anche delle sanzioni in caso di mancato adeguamento, come il divieto di vendita o di affitto delle case. Tra i potenziali rischi vi è anche la perdita di valore dell’immobile. Sul piano operativo saranno gli Stati membri a definire non solo le eventuali esenzioni dalla norma, ma anche tutte le misure e gli incentivi necessari a raggiungere i target stabiliti. Il margine di applicazione della direttiva è ampio: gli Stati membri potranno adeguare gli obiettivi in base all’effettiva disponibilità di manodopera qualificata e alla fattibilità tecnica ed economica dei lavori di ristrutturazione. Ciascun Paese dovrà redigere un piano nazionale di ristrutturazione che dovrà essere realistico e prevedere anche misure che facilitino l’accesso a finanziamenti pensati su misura, un sistema di premi e vantaggi per chi avvia ristrutturazioni significative, sovvenzioni per le famiglie vulnerabili e anche l’istituzione di punti informativi gratuiti sull’efficientamento energetico edilizio. Secondo le stime dell’associazione italiana dei costruttori edili (Ance), su 12 milioni di edifici residenziali oltre 9 milioni non risulterebbero idonei a rispettare le performance energetiche richieste. Inoltre, dall’ultimo rapporto dell’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), circa il 75% degli immobili presenti nei comuni italiani sarebbe stato realizzato prima della Legge 10/1991, la norma che regola i consumi dell’energia negli edifici pubblici e privati. Sempre secondo le stime Enea, il 74% delle abitazioni italiane, cioè 11 milioni, apparterrebbero a classi energetiche inferiori alla D, nello specifico il 34% in G, 23,8% in F e 15,9% E. In base alla direttiva Ue “case green” gli edifici che dovranno essere ristrutturati in Italia entro il 2033 perché non rientranti nelle regole sono almeno due milioni: affinché la direttiva europea sia concretamente applicabile risulta necessaria una politica di incentivazione fiscale adeguata, così da poter agevolare il processo e implementare soluzioni integrate per ogni edificio. Il Parlamento Europeo lo scorso 12 marzo 2024 ha approvato in via definitiva la direttiva case green con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 a effetto serra e il consumo energetico entro il 2030, in vista del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Sono trascorsi 12 mesi da quando è iniziato l’iter per arrivare all’approvazione finale del provvedimento. Nel corso di questo periodo sono state apportate modifiche al testo cercando di andare incontro alle esigenze dei vari stati membri. Rispetto al testo originario, la Direttiva finale è molto più elastica e meno stringente sui tempi di adeguamento per l’edilizia. Secondo la direttiva approvata, gli Stati membri hanno il compito di definire requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici: tutti i nuovi edifici devono essere almeno a energia quasi zero (e dal 2028 a emissioni zero). Inoltre è necessario fissare i requisiti minimi di tutti gli edifici che subiscono una ristrutturazione significativa. Il testo originario prevedeva, invece, che entro il 2030, l’obiettivo era raggiungere la classe energetica E per gli edifici residenziali, mentre entro il 2033 bisognava migliorare ulteriormente arrivando alla classe energetica D. Tra le novità, arriva il passaporto di ristrutturazione per gli Stati membri dell’Unione Europea: deve essere redatto in formato digitale da un esperto qualificato o certificato e sarà lo Stato membro a decidere se sarà obbligatorio o no. Contiene una tabella di marcia completa per la ristrutturazione, indicando le fasi e i benefici attesi in termini di risparmio energetico, riduzione delle spese e delle emissioni di gas serra nel corso del ciclo di vita dell’edificio. Sarà disponibile un sistema digitale per la preparazione e l’aggiornamento dei passaporti di ristrutturazione: gli Stati membri potranno sviluppare strumenti complementari per la simulazione e l’aggiornamento semplificato dei passaporti.

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