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Affitti brevi: Cedolare al 26% dal 2024

Nuova circolare AdE

La cedolare secca per gli affitti brevi diventa meno conveniente dal 2024, passando da un'aliquota del 21% al 26%, ma non per tutti. Nel 2023 si è ripetuto il boom delle locazioni turistiche brevi, un trend che non conosce crisi e che sta mettendo in difficoltà non pochi hotel ed attività alberghiere, anche per la presenza massiccia di piattaforme web che consentono di mettere in contatto domanda e offerta di alloggi e pagare poi una piccola tassazione tramite il sistema della cedolare secca sugli affitti brevi. Aggiornamento: l’Agenzia delle Entrate ha rilasciato la circolare n. 10/2024 con la quale fornisce le istruzioni sulle novità sulle locazioni brevi introdotte dalla Legge di bilancio 2024: dalle nuove aliquote della cedolare secca (21% e 26%) alle nuove regole per intermediari immobiliari e gestori di portali telematici. Di seguito vedremo da vicino le ultime novità in materia e come cambia il regime della cedolare secca per chi affitta i propri immobili a turisti e persone di passaggio in città, con aumento della cedolare secca al 26%, ma non per tutti. Ma prima ricordiamo in breve cosa sono gli affitti brevi e cos’è e come funziona la cedolare secca. Ricordiamo che – con locazione breve o affitto breve – si fa riferimento ad un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non maggiore di 30 giorni, sottoscritto da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriale. Per non essere considerata attività imprenditoriale il singolo proprietario può gestire non più quattro appartamenti con la formula dell’affitto breve di tipo turistico. Infatti oltre tale limite l’attività, da chiunque svolta, si considera esercitata in forma imprenditoriale, senza possibilità quindi di applicare la cedolare secca, con obbligo di apertura della partita IVA per la gestione delle locazioni di brevi e il conseguente passaggio alla tassazione IRPEF per aliquote e scaglioni. Come spiega il sito web ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, la cedolare secca tecnicamente è: un regime fiscale opzionale sulla scorta di cui il reddito di locazione è tassato tramite aliquota fissa; un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali, che vale sul reddito che scaturisce dalla locazione dell’immobile. L’Amministrazione finanziaria altresì spiega che, per i contratti con regime di cedolare secca, non saranno da pagare l’imposta di registro e l’imposta di bollo, tipicamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. Possono servirsi del regime della cedolare secca: le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento, che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni. La cedolare secca al 21% si applicava fino al 2023 a chi si avvale del regime delle locazioni brevi ed infatti, l’opzione poteva essere esercitata per le unità immobiliari facenti parte delle categorie catastali comprese tra A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le correlate pertinenze. Su affitti brevi e locazioni turistiche si applica dunque quella è stata rinominata ‘tassa Airbnb’, sulla scorta di quanto previsto dal decreto legge n. 50/2017. L’unico limite era quello delle unità abitative poste in affitto con questo sistema: infatti ogni proprietario poteva usare la cedolare secca al 21% solo fino a 4 immobili. Oltre tale limite il proprietario diventava “imprenditore” e doveva aprire la partita IVA per gestire gli immobili senza poter usufruire della cedolare secca. La novità in legge di Bilancio 2024 non sarà sicuramente gradita ai proprietari di immobili posti in affitto. La Manovra infatti include un articolo che riguarda le ‘Modifiche alla disciplina fiscale sulle locazioni brevi e sulle plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili’. Dal primo gennaio 2024 entra in vigore una norma per l’incremento dell’imposta. L’aumento della cedolare secca, attualmente pagata sulle locazioni turistiche e affitti brevi (anche quelli di un solo giorno) comporta il passaggio dall’aliquota al 21% a quella al 26% per i redditi derivanti da questi contratti (canoni), anche se solo per gli immobili oltre il primo. Pertanto si ha una distinzione: se il contribuente ha soltanto un immobile locato con affitto breve, il prelievo della cedolare resta quello di sempre, cioè fisso al 21%; l’aumento al 26% scatta quindi dal secondo immobile e fino al quarto; se poi gli immobili sono più di quattro, a quel punto l’attività viene inquadrata come impresa, con l’obbligo conseguente per il locatore di aprirsi la partita IVA. Semplificando può capitare che un locatore dia in affitto breve tre immobili, su uno di essi (a sua scelta) verrà applicata la cedolare “light” del 21%, mentre sugli altri due quella nuova del 26%. Di fatto la novità dell’aumento della cedolare secca non sarebbe lieve, ma pari a quasi un quarto del peso fiscale per moltissimi cittadini che, in particolare nelle città di maggior richiamo turistico in Italia come pure nelle località costiere e di montagna, in vari periodi dell’anno stanno mettendo a reddito le loro abitazioni (prime case o ulteriori immobili di proprietà), per fronteggiare il peso del carovita e per conseguire dei redditi alternativi, che comunque possono far comodo. Oltre al bisogno di far cassa da parte dello Stato, dietro la scelta dell’incremento della cedolare secca forse si cela però anche una mossa che, in qualche modo, vuol venire incontro alle strutture ricettive. Hotel e alberghi, infatti, pagano complessivamente più tasse e da tempo lamentano una concorrenza sleale da parte di chi pratica gli affitti brevi in veste di locatore. Al contempo, però, la norma sull’incremento della cedolare secca potrebbe essere letta come disincentivo a questo tipo di contratti, il cui boom sta contribuendo allo spopolamento di molti quartieri centrali (pieni in particolare di case vacanze e B&B).

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