28 marzo 2023
La Mente è come una città
La Memoria
<<Supponiamo che Roma non sia un centro abitato ma un’entità psichica in cui non scomparirà nulla di ciò che è esistito in passato, un’entità in cui le primitive fasi di sviluppo continuino a esistere accanto a quelle più recenti. Nel punto in cui sorge Palazzo Caffarelli tornerebbe ad esserci il Tempio di Giove Capitolino, senza che questo comporti lo spostamento del palazzo.>>
Niente di ciò che in passato ha acquistato una forma mentale può arrivare a estinguersi!
La nostra preoccupazione in questa città di mediocrità – la preoccupazione di tutti, per quanto nessuno lo sappia meglio di noi – è di trovare la storia. Trovare la storia e raccontarla, raccontarla bene e ricordarla.
<<Noi costruiamo, costruiamo e con successo. Poi, nella nostra arroganza, ci dimentichiamo che quanto abbiamo costruito è soltanto un nostro prodotto, un prodotto fondato sulla fragilità umana, destinato a imboccare la strada della rovina.
Alla fine, ciò che facciamo si vendica e noi siamo costretti ad affrontare la verità. Una verità che non è molto diversa dal mistero originale: la verità è che sappiamo veramente poco.>>
Il poeta Simonide parlava con la lisca, un difetto di pronuncia che avrebbe dovuto impedirgli di prendere in considerazione la possibilità di una carriera nella retorica. In realtà non fece mai alcun tentativo di dominare questa sua tendenza. Certamente non conquistò la fama di Demostene, almeno non come oratore, ma parlava abbastanza bene da essere chiamato in occasione dei banchetti, e fu per questa capacità che conquistò fama in un più arcano ramo della retorica, divenendo il Padre della Memoria.
Simonide parlava sempre in un modo estemporaneo. La natura non lo aveva dotato di una grande memoria e gli risultava faticoso tenere a mente un discorso intero. Talvolta la cosa giocava a suo favore: le sue orazioni erano ritenute vivaci e spontanee. Certe volte però si ritrovava a corto di argomenti e stava diventando noto per l’inserimento di temi bizzarri e fuori luogo.
Dopo un tragico crollo nel quale erano morti sotto le macerie tutti i partecipanti al banchetto (salvo il poeta Simonide che era scampato al disastro solo per una fortuita coincidenza - o qualcosa di più, dato che quel giorno fu invitato ad uscire dalla sala del banchetto poiché qualcuno aveva chiesto di lui, ma giunto fuori dall’edificio, non aveva trovato nessuno) la scelta per l’orazione funebre cadde proprio su Simonide!
Settantaquattro vedove si presentarono nella sua casa e tutte lo supplicarono di cantare le lodi dei loro compagni morti sotto le macerie. La moda prevedeva lodi lunghe e dettagliate. Simonide avrebbe dovuto imparare ogni lato positivo dei defunti, anche quelli ad essi dubbiosamente ascritti.
Si decretò che i corpi venissero sepolti in un fastoso funerale, uno dopo l’altro, e l’orazione sarebbe stata pronunciata di seguito. Per la prima volta in vita sua, Simonide decise che era meglio preparare qualcosa.
La disposizione dei corpi attorno alla tavola si era rivelata una suggestione sorprendentemente efficace per la sua memoria, e pensò di usare una tecnica simile per richiamare alla mente la miriade di dettagli del discorso.
Cominciò con il memorizzare una sequenza di stanze: le camere della sua casa!
Cominciando con la camera da letto, Simonide collocò mentalmente in ogni stanza una parte del suo discorso. Quindi chiuse gli occhi e si mise a passeggiare mentalmente per casa: s’incamminò quindi nel corridoio della mente, dove trovò la successiva parte del discorso…erano morti settantaquattro uomini nel crollo, la sua casa non aveva stanze a sufficienza per memorizzare i dettagli relativi a una soltanto di queste persone. Si ritrovò così a uscire mentalmente per strada per entrare nella casa del suo vicino e quindi nella casa accanto a questa. Per ricordare l’intero discorso, Simonide dovette riedificare nella propria mente l’intera città.
Parlò ininterrottamente per una settimana. Nel corso del suo leggendario discorso, visitò mentalmente ogni stanza di ogni casa della sua grande e funerea città.
Frances Yates, studiosa del ventesimo secolo, spese anni nel cercare l’arte della memoria e rimase stupefatta quando scoprì che nessuno aveva mai migliorato la tecnica di Simonide.
Simonide scoprì che la memoria ha origine nelle rovine di una casa crollata. Secoli più tardi, Rodin scolpirà la figura di una cariatide che crolla sotto la pietra che avrebbe dovuto sorreggere. Per Rodin, la vita della cariatide sarà come un attimo bruciato nella scintilla di una sinapsi. E lo catturerà nel bronzo, quell’attimo: l’istante preciso in cui una rovina architettonica diventa Memoria.
Più tardi ancora, il filosofo Bachelard si chiederà: <<Com’è possibile che delle stanze segrete, stanze che sono scomparse, diventino la dimora di un passato indimenticabile?>>
Ricordiamo sempre che tutto Vive finché c’è Memoria.
Liberamente tratto dal romanzo di Douglas Cooper, Amnesia (1994).
Arch. Sabina Morra sabina.morra70@gmail.com