26 maggio 2023
Materiali, tecniche e sistemi costruttivi nell’antica Roma
L’opera muraria
Nel 210 a.C. Roma subì un terribile incendio che apportò danni gravissimi agli edifici. Come avviene in tali circostanze, nell’opera di rifacimento furono usati i sistemi più progrediti della tecnica e applicati quei perfezionamenti che avevano già dato buona prova in casi singoli. Probabilmente venne allora perfezionato l’opus caementicium come paramento.
Fino a quel tempo due sistemi costruttivi prevalevano in Roma: l’opera quadrata e l’opera laterizia di mattoni seccati al sole, messi in opera con creta. Per i muri interni, e particolarmente per il riempimento degli spazi vuoti nei tralicci lignei, era usato un tipo di opus caementicium composto di piccoli sassi uniti con argilla che veniva chiamato opus craticium.
L’uso della malta di impasto regolare con calce e arena era limitato alle fabbriche di una certa importanza, infatti lo vediamo adoperato nelle case signorili di Pompei e di Ostia.
I resti archeologici più antichi, databili al IV secolo a.C., testimoniano l’utilizzo dell’opus quadratum: i costruttori romani adottarono questo sistema murario nei primi edifici pubblici e nelle antiche mura di recinzione, utilizzando blocchi di tufo pressoché rettangolari di dimensione variabile. Dove lo stato di conservazione è buono, si possono riconoscere piani di posa orizzontali ben levigati che presentando solo piccole incisioni rettangolari per la manovra di accostamento dei conci superiori
Tuttavia, il sistema costruttivo più interessante, che avrà ampio sviluppo e perfezionamento in età imperiale, è l’opus incertum: muratura che mette in opera pietre piuttosto piccole e informi come rivestimento dell’opus caementicium, cioè del pietrisco legato con malta.
Differentemente dell’opera quadrata, che realizzava una sezione muraria omogenea, da questo momento in poi incontreremo delle murature con un riempimento interno privo, o quasi, di ogni rapporto con il paramento, precursori della moderna architettura.
L’opus incertum raggiunge la sua più alta espressione e la maggiore diffusione esattamente negli anni a cavallo tra il II e il I secolo a.C., per sparire alla fine dell’età Repubblicana. Infatti è proprio il passaggio dall’età dei Gracchi e quella di Silla a segnare un notevole perfezionamento nella tecnica muraria e in generale in tutta l’architettura romana.
Si sarà certamente sviluppata una scuola di artisti Italici che lavorava specialmente nell’Italia Centrale e in Campania, probabilmente guidata da una mente geniale che ha saputo studiare l’architettura in rapporto al calcolo delle resistenze e al contrasto delle masse, che ha saputo risolvere i problemi più ardui nell’applicazione dell’arco e della volta, che è riuscita a sfruttare al massimo il principio coesivo della pietra con la malta, innalzando piani su piani, reggendo massicci edifici su scompartimenti vuoti.
Ciò premesso, va osservato che l’opera incerta diviene un’opera a sé, differente da quella cementizia dell’interno, con la quale lega solo per mezzo della malta; i poligoni divengono più regolari e uniformi, tagliati quasi ad arte.
Per dare una maggiore consistenza ai muri, quasi sempre si trovano a certe altezze alcuni piani di posa, corrispondenti ai diversi piani delle impalcature di lavoro, i quali permettono di riconoscere a prima vista un muro romano di età sillana da uno medievale dello stesso tipo.
Già prima dell’età Sillana compare l’opus quasi-reticolatum: è un periodo di transizione di breve durata, che osserviamo particolarmente in Roma, in alcune case patrizie del Palatino ed in alcune insulae del Foro, dove si è voluta dare una certa estetica ai muri, regolarizzando i blocchetti di tufo che apparivano in facciata; si può considerare come un leggero perfezionamento dell’opera incerta.
L’evoluzione delle opere murarie impiegate nelle cortine di rivestimento del nucleo cementizio fece in modo che l’opera “quasi reticolata” e poi quella “reticolata” determinarono l’abbandono dell’opera incerta diffusa in età repubblicana, fattore che dipese in gran parte dalla standardizzazione totale delle pietre.
Con l’opera reticolata, come più tardi con i mattoni, il lavoro degli structores diventa un semplice lavoro di accostamento, e l’abilità si misura esclusivamente nella preparazione della malta e nella corretta sistemazione delle pietre. Questa regola evolutiva presenta comunque eccezioni, che consistono nei restauri, per i quali l’esempio più illuminante è rappresentato da Pompei ed Ercolano dopo il terremoto del 62 d.C..
La sistematica riutilizzazione dei materiali recuperati tra le macerie e messi in opera così come venivano trovati ha comportato un frequente ricorso all’opera incerta negli edifici restaurati dopo questa data.
Sembra che l’opera reticolata si sia diffusa soprattutto nell’Italia centro-meridionale negli anni compresi tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., ma fin dall’età di Tiberio viene affiancata all’uso del laterizio che fa la sua prima comparsa proprio in questi anni, per sostituirsi quasi completamente ad essa nella seconda metà del II secolo.
Gli ultimi esempi di opera reticolata si datano nell’età di Antonino Pio (138-161).
Infatti con l’Impero il laterizio comincia ad avere sempre più vasto impiego, e Nerone fece costruire intere cortine murarie in opus testaceum.
Tuttavia esisteva una ragione tecnica che sconsigliava la costruzione di superfici troppo estese di reticolato: una parete lunga ed alta, costruita in questo modo, era facilmente suscettibile di frattura, qualora fosse stata gravata da un peso importante. La spinta di una volta monolitica, come erano le volte romane nei primi tempi dell’impero, risulta prevalentemente verticale; il reticolato ha i piani di allettamento obliqui e tutta la sua resistenza è fondata sulla coesività della malta, mentre in una parete fatta con materiali disposti a piani orizzontali, i pericoli di una frattura sono minori.
L’uso delle volte e delle cupole, che nell’età Imperiale sostituì quasi interamente quello dei tetti lignei, determinò l’inserzione nelle pareti reticolate di fasce orizzontali di assestamento in laterizio, conducendo così alla nuova forma di muratura, detta opus mixtum, più adatta a sostenere il peso verticale delle massicce volte cementizie.
Gli architetti imperiali, i quali non vollero rinunciare al bel reticolato, cominciarono ad alternarlo con alcuni filari di mattoni, formando piani di posa orizzontali a consolidamento della muratura generale…
Volevo fare l’Architetto!!
Arch. Sabina Morra
sabina.morra70@gmail.com